giovedì 27 maggio 2010

Da Jacopo della Quercia a Donatello, due giorni per conoscere la Siena rinascimentale



Più di trecento opere in mostra con tutti i più grandi artisti del primo Rinascimento. Una mostra ospitata dal Complesso di Santa Maria della Scala è l'occasione per scoprire la città toscana.

Per una Pasqua d'arte e cultura c'è un'occasione ghiotta per i palati più raffinati da non lasciarsi sfuggire: dal 26 marzo ha preso il via a Siena una grande mostra dal titolo suggestivo: Da Jacopo della Quercia a Donatello. Le arti a Siena nel primo Rinascimento, che avrà come sede principale il Complesso di Santa Maria della Scala, l'ospedale che sulla Via Francigena ospitava i pellegrini malati.
Anche se di tempo ce n'è, dal momento che chiuderà i battenti solo l'11 luglio prossimo, vale lo stesso la pena di visitarla in questa stagione di inizio primavera, quando Siena e le sue colline danno un'immagine spettacolare di un paesaggio unico al mondo.
Dunque, si tratta di ben 306 opere in mostra, una ventina di polittici ricostruiti per l'occasione, 25 restauri effettuati, prestiti dalle più prestigiose istituzioni museali del mondo e da collezionisti privati, nuovi spazi che aprono al pubblico per la prima volta, 10 saggi scritti dai massimi studiosi internazionali della materia, uno straordinario percorso espositivo che condurrà il visitatore in 3 diversi ambienti tra i più suggestivi e inediti della città: Siena prepara così la più imponente mostra finora dedicata alle arti del primo rinascimento.

La mostra curata da Max Seidel, porterà il pubblico a godere di itinerari particolari alla scoperta di una Siena che nei primi decenni del Quattrocento visse, parallelamente a Firenze, una straordinaria stagione artistica, che vide il trascorrere dal Gotico al Rinascimento. La mostra si apre con una sezione monografica dedicata a Jacopo della Quercia (Siena, 1371 ca. – 1438), il grande scultore che seppe essere il più rilevante artista della città nel primo Quattrocento e esponente di spicco del Gotico "internazionale" europeo.

La carriera di Jacopo è ripercorsa fin dagli inizi, con la monumentale Madonna della melagrana destinata alla Cattedrale di Ferrara (1403-1408), per passare ad alcuni dei marmi scolpiti per la Fonte Gaia a Siena (1414-1419), fino alle sculture in legno policromo, come l'Annunciazione della Collegiata di San Gimignano (1421-1426) e la Madonna col Bambino del Louvre. Accanto a Jacopo si fanno apprezzare anche gli altri primi attori della scultura senese di quel tempo: dal leggiadro Francesco di Valdambrino al severo Domenico di Niccolò "dei cori".
Il percorso prosegue quindi con due sezioni tematiche, che introducono il visitatore alla pittura. L'una è dedicata alla fortuna della quale continuarono a godere presso i pittori senesi del Quattrocento certi prototipi messi a punto nel secolo precedente dai fratelli Lorenzetti e da Simone Martini: un fenomeno che ha il suo manifesto nella pala di San Pietro a Ovile in cui Matteo di Giovanni, ormai nel terzo quarto del secolo, ricopia fedelmente la celeberrima Annunciazione di Simone del 1333.

L'altra sezione presenta i maestri forestieri che, lavorando in città nel corso degli anni venti, giocarono un ruolo fondamentale nell'evoluzione dell'arte senese verso il Rinascimento. Tra questi Lorenzo Ghiberti e Donatello, coinvolti insieme con Jacopo e altri, nel cantiere del nuovo Fonte battesimale, al quale apparteneva il bellissimo Spiritello tamburino del Bode Museum di Berlino del 1429 e che torna per la prima volta a Siena dopo qualche secolo.

La Madonna dell'umiltà (Pisa, Museo Nazionale di San Matteo) racconta del passaggio senese di Gentile da Fabriano, autore nel 1425 di una perduta immaginemariana in Piazza del Campo, che fu determinante per la nuova generazione che si stava imponendo sulla ribalta pittorica cittadina.

Era la generazione del "Rinascimento umbratile", che ha i suoi campioni in Giovanni di Paolo (del quale si è ricostruito, per quanto possibile, il giovanile polittico destinato nel 1426 all'altareMalavolti della chiesa di San Domenico), in Stefano di Giovanni detto il Sassetta (di cui si sono raccolti per la prima volta tutti i frammenti della pala dipinta nel 1423-1424 per l'Arte della Lana, insieme con altri capolavori) e nei suoi stretti seguaci: da Pietro di Giovanni d'Ambrogio, al Maestro dell'Osservanza (ben rappresentato dalla pala eponima e quasi dall'intera serie delle famose Storie di Sant'Antonio Abate) e Sano di Pietro (del quale si mostra il restaurato polittico dei Gesuati del 1444).

Chiude il gruppo Domenico di Bartolo: un senese atipico che, come dimostra la Madonna dell'umiltà firmata e datata 1433, seppe essere più fiorentino degli stessi fiorentini, tanto da poter confrontare le sue opere con quelle di Filippo Lippi e Luca della Robbia.

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