martedì 2 febbraio 2010

Alessio Paternesi: nel giardino della pittura all’inizio della forma


La storia delle emozioni del mondo ci dimostra che, in assoluto, non esiste un’intensità ed una straordinarietà pari a quelle che il cuore di un uomo sente nel momento in cui decide di dedicarsi con passione al dono di se stesso attraverso l’arte. E può trattarsi di un’arte che si lasci cantare nell’aria grazie alla melodia di note armoniose o scrivere su un foglio con l’inchiostro di mille parole poetiche; che si lasci disegnare su una liscia tela di seta o scolpire sulla forte materia in attesa di forma e di vita; che si lasci, infine, recitare tra le maschere di un celebre palcoscenico o modellare con le mani sulle colline morbide della creta. Allo stesso modo può trattarsi di un’arte che racconti la gioia o il dolore, la morte o il respiro vitale, la dolcezza o la freddezza, la paura o la speranza. In ognuno di questi casi l’attimo artistico si colora di un sentimento difficile da descrivere e da interpretare se non si penetra nell’opera con l’amore e la comprensione di uno sguardo che si perde nel rosa spesso in apparenza incomprensibile dell’orizzonte.
Con questo spirito completamente posto al servizio dell’ascolto più profondo si può meravigliosamente penetrare nei dipinti e nelle sculture di Alessio Paternesi, e scoprire così l’immenso valore del silenzio e della serenità, colonne portanti dei suoi lavori e della sua arte, che gli permettono con estrema facilità di conquistare una purezza incredibile, estranea totalmente ad ogni genere o corrente del passato, al di fuori del tempo e libera da qualsiasi vincolo nei confronti di categorie ben delineate. Certo è innegabile ed addirittura appassionato l’amore artistico di Paternesi per i grandi maestri del Rinascimento, in particolare per Piero della Francesca, e per gli artisti contemporanei universalmente affermati tra cui Pirandello e Picasso, ma la sua scultura e la sua pittura, intrise delle indimenticabili origini etrusche dell’artista ed avvolte di un’atmosfera che oscilla tra l’arcaico e l’enigmatico, hanno reso unico il modo di Paternesi di fare e di donare arte allo sguardo innamorato di chi la contempla.
“…Hai cercato di fissare un’immagine emblematica che si articola, in genere, su due figure immerse in una luce fredda quasi non terrestre. Le figure intrecciano tra loro un colloquio singolare, come sospeso (…), che ricorda le celebri coppie di figure dei sarcofaghi etruschi. Ma il pensiero all’Etruria ti è naturale e istintivo essendo tu nativo di quelle terre, e non riguarda tanto l’iconografia quanto il senso di un mistero antico, entro il quale immetti un sentimento di oggi…”, ha scritto a Paternesi Renato Guttuso nella lettera di presentazione all’esposizione alla Galleria Zanini di Roma nel maggio dell’anno 1971. E, per incontrare idealmente quel “mistero antico” contenente un “sentimento di oggi” basta mettersi in cammino sul sentiero che Alessio Paternesi ha tracciato con la bellezza delle sue opere, dalle quali è possibile incarnare le sensazioni dedicategli da Guttuso. E’ un viaggio straordinario che consente di ammirare la femminilità vanitosa della Figura allo specchio (1988) o la spiritualità familiare di Gruppo di famiglia (1989); la fierezza interiore di Pensieri (1989/1990) o l’amore incondizionato dell’Uccello ferito (1990); lo sguardo innamorato dell’Amore ti rallegra (1992) o l’emblematica gratitudine dell’Omaggio a Piero della Francesca (1992). Sculture meravigliose che offrono alla fantasia la possibilità di volare verso orizzonti sconosciuti tutti da scoprire e da inventare. Ma anche opere straripanti di una forma che lascia pochi dubbi sulle immagini nate nel cuore dell’artista, immagini legate indissolubilmente all’universo femminile passando attraverso le originalità, sospese tra mistero e realtà, tra certezza e sogno, della sua terra d’origine. “…Qualsiasi discorso artistico deve, a mio avviso, comunicarci il sentimento di un travaglio quotidiano. La pittura di Paternesi che parte, mi pare, dalle classiche basi del nostro ultimo meraviglioso cinquantennio, ci comunica appunto questo sentimento…”, ha affermato Franco Zeffirelli alla presentazione dell’esposizione al Nuovo Carmine di Roma nell’aprile del 1968. E se per travaglio intendiamo l’insieme delle sensazioni che, celate tra i segreti spesso inafferrabili dell’ordinario, ci dona la quotidianità, allora l’opera che più esprime e racconta in modo affascinante questo sentimento è senza dubbio il Bacio (1992), dove è bellissimo ed irraggiungibile l’incontro tra due volti uniti in un simbolico, profondo gesto d’amore, di pace, di riconciliazione e di perdono, con gli occhi di uno aperti per scrutare la spiritualità dell’altro e chiusi per accarezzarla in tutta la sua meraviglia. Un’opera che lascia perplessi ed incantati i cuori che la incontrano, sussurrando loro come possa essere davvero necessario ed indispensabile sfiorare la pelle della persona che si ama e che in quell’attimo continua ad essere un’importante ed imprescindibile parte di noi. Se nella scultura Alessio Paternesi ha voluto donare la forma e la vita di un’infinita fantasia alla materia, desiderosa come mai di riceverle con tanta maestria, nei dipinti e nei disegni quella forma e quella vita catturano all’attimo fuggente un’espressione, se possibile, ancora più coinvolgente, più tenera e più eloquente, contesa tra la chiarezza esplicita della parola e la semplicità più efficace del silenzio e dell’ascolto. I giardini incantati sono il lavoro tangibile e concreto di questa sensazione espressiva e la parte più ampia della sua opera negli ultimi dieci anni, in cui Paternesi sfiora ed accarezza con le leggere ali del sogno e con i pensieri incontaminati dell’utopia, un mondo diverso, puro, vivibile come l’Eden prima del peccato, alieno dal rumore assordante dell’indifferenza ed avvolto esclusivamente dal fascino limpido del fresco verde dei prati, sfumato con i colori accesi dei fiori e dei caldi raggi solari. I giardini incantati sono straripanti di queste caratteristiche interiori capaci di donare rilassatezza, palese nel dipinto Nuda è l’estate (1984), dove due corpi si lasciano andare al riposo cullato dalla brezza che parla ancora di primavera; serenità, sprigionata dai volti dell’Ombra dei capelli (1985), immersi negli spazi aperti del bosco; curiosità, rinchiusa negli sguardi “in continua ricerca” di Fiat (1985); e addirittura spensieratezza, coinvolgente in Fiori e fronde (1986), con al centro sempre due giovani sorrisi. Non mancano certo sentimenti di inquietudine, sconfinante nella paura, in Buttarsi nel silenzio (1985) e quasi di perduta complicità in Fronte della magnolia (1985); di attesa per chissà quale meraviglia nell’opera In mezzo ai boschi (1985) e di mistero, che torna sempre costante nell’opera di Paternesi, in Verso il labirinto (1986). Queste ultime opere citate sono la testimonianza di come l’anima dell’artista e dell’uomo viva non tanto di sensazioni positive e negative, belle o brutte, gioiose o dolorose, ma semplicemente di sensazioni che spesso ci piace catalogare e rinchiudere nelle nostre idee. Altro capitolo importante scritto da Alessio Paternesi è quello legato all’altra raccolta di dipinti, Dietro le quinte, avvolta da un alone di profondi interrogativi ed illuminata da certezze mai però in grado di fornire adeguate risposte. Dietro le quinte racconta idealmente, con una serie di opere, un’andata in scena narrata momento per momento, attimo per attimo, mascherando il palcoscenico teatrale con il volto del palcoscenico della vita quotidiana, o viceversa, fino a chiedersi inevitabilmente il perché di una così lunga preparazione prima di calcare la scena. Davvero la vita si esaurisce in questo gioco di finzioni, incontri, solitudini, apparizioni, condotto dietro le quinte? La risposta sembra semplice e scontata, ma nasconde un significato, nel vero senso della parola, “straordinario”. Per Alessio Paternesi, infatti, ogni più piccolo istante rappresenta un’emozione imperdibile, un’esperienza fondamentale, un miracolo impercettibile da non poter in nessun modo evitare di sottolineare in tutta la sua importanza nel lungo cammino della vita. Lo stesso può dirsi senza dubbio per i disegni, bellissimi nell’immortalare l’espressione che si nasconde in ogni azione vitale: dai Giochi sulla spiaggia (1982) al risveglio dolce e senza pensieri della Mattina (1981); dall’intimità, smarrita nel ricordo, di Quello che fu (1981) a quella apparentemente ritrovata di E’ dolce il piacere (1984); dalla solitudine contemplativa di La finestra (1987) alla compagnia interessata di Tenere emozioni (1988).
La scoperta dello “straordinario” nell’ordinario. Questo probabilmente è il segreto che colpisce delle opere di Alessio Paternesi, un artista che lascia un segno indelebile nella storia dell’arte internazionale perché artista etrusco ed europeo allo stesso tempo, legato con il cuore alle sue origini vitali ma proiettato intensamente verso il resto del pianeta e verso un futuro raccontato sì con profondo sogno e con speranzosa utopia, ma vissuto con la bellezza di accarezzare ogni istante dell’eternità, da assaporare dietro le quinte come sul palcoscenico della vita e da trascorrere nei giardini incantati come nella realtà di tutti i giorni.

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